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Come Google e gli altri motori di ricerca vedranno e troveranno i nostri siti web e blog? Beh, non con una palla di vetro!

Come per una grande biblioteca con mille mila libri sparsi su scaffali organizzati secondo una logica che probabilmente solo il bibliotecario e pochi altri illuminati conoscono, anche i motori di ricerca (e tra questi il più famigerato: Google) hanno una logica su cui basano tutta la vostra ricerca. 

Certo questa logica o algoritmo che dir si voglia può spesso cambiare nel tempo in modo da far impazzire anche il più attento, ligio e coriaceo dei SEO manager, ma purtroppo la moda non ha catene e la tendenza segue percorsi che spesso vanno contro le abitudini…anzi le odiano proprio!! 

Nello scorso anno abbiamo assistito al trend, ma che dico trend, alla tendenza (traduzione semplificata di trend) ad agire su questioni tecniche come:

  • il protocollo della comunicazione sicura (HTTPS), quindi una sorta d’assicurazione di protezione per il visitatore del sito su cui si atterrava e un indice per i motori di ricerca della validità del sito stesso
  • l’affermazione del sistema AMP (accelerated mobile pages) lanciato da già 3 anni per velocizzare il caricamento delle pagine web su cellulare 

Dal 2019 però, esperti SEO (cioè quei malati mentali intenti a psicanalizzare i motori di ricerca e a parlare con un semplice rettangolino bianco e vuoto) affermano che si comincerà a orientarsi verso nuovi modi d’utilizzo dei nostri device (o marchingegni in generale). In più, la ricerca sempre maggiore di contenuti di qualità, chiari e qualificati, porterà a dar maggiore riscontro alle “referenze” dei nostri siti e alle connessioni tra noi e gli altri, anche attraverso i social media. Testi e meta descrizione della giusta lunghezza e keyword appropriate, ma soprattutto backlink a contenuto ad alto contenuto di riferimento, saranno importanti specialmente per siti con modesti volumi di visite, insieme a fotografie indicizzate e un sempre più crescente utilizzo dei video. 

Ma andiamo con ordine e vediamo ancora cosa nel 2019 potrà rendere appetibile il nostro sito web.

Le ricerche sui cellulari e velocità caricamento della pagina

Inutile dirlo, ormai un sito web non può esimersi dall’essere responsive…nel senso che deve necessariamente essere costruito e disegnato anche per essere visto sul cellulare! È da tempo che le ricerche così dette su mobile hanno affermato il loro ruolo nella società, ma soprattutto sui motori di ricerca. 

E qui entra in ballo l’AMP, acronimo di (accelerated mobile page), che altro non è che un protocollo, promosso da Google, ottimizzato per far si che le pagine web abbiano una velocità maggiore di caricamento (si vocifera che nelle prime prove si sia passato dal 15 all’85%). 

Va da se che se lo promuove Google ovviamente avrà dei vantaggi se i nostri utenti usano il buon vecchio motore di ricerca.
Altra cosa è la ricerca organica: sui cellulari, rispetto alla ricerca su desktop, la capacità di lettura quasi si dimezza e i caratteri presenti nei titoli passano da circa 130 a poco più di 60, mentre nella pubblicità addirittura a 30-40. Questo implica che l’utilizzo delle parole chiave rilevanti dovrà essere posto nei titoli in primo piano.  

I backlink! Quel parametro che piace tanto

Un link ricevuto da un altro sito o meglio molti link ricevuti da molti siti, significa in sostanza essere citati su altri siti o canali da altre persone. E cosa ci rende più autorevoli se non altre persone che si riferiscono ai nostri contenuti quando magari stanno trattando la stessa materia o comunque qualcosa di simile? 

Beh, capirete a questo punto che aver delle connessioni attraverso dei backlink, altro non fa che agevolare quel passaparola che tanto ci piace (e piace anche a motori come Google) e fa anche aumentare il numero di visite, sempre che siano qualitativamente rilevanti e consone alle nostre aspettative.

In questo piccolo mondo dietro le quinte chi ne fa da padrone sono dunque i contenuti, i quali dovranno si essere ottimizzati per una lettura sul web, ma su tutto interessanti e chiari.

Facebook e SEO: quanto fa bene essere social al nostro sito?

Già da tempo, post legati a video creati su misura per Facebook e fotografie legato a relazioni interpersonali tra conoscenti, hanno avuto un riscontro maggiore nell’indicizzazione dei contenuti. 

A questo proposito c’è da dire che chi ha investito tutte le sue risorse su FB senza una strategia SEO combinata, potrebbe risvegliarsi in un brutto sogno in cui le molliche di pane che ha seminato lungo il cammino se le è mangiate tutte Mark Zuckerberg e per i suoi user trovare la strada non sarà più come prima.

Ma non fasciamoci la testa, non è detto che non arrivino nuovi modi per sfruttare questo social. 

Ricerche vocali: cosa devo dirti mio caro Google?

Tra le più interessanti novità c’è sicuramente quella delle ricerche fatte in modo veloce, intuitivo, pigre e fashion allo stesso tempo. Si perché la ricerca vocale incarna tutto ciò che fin da piccoli abbiamo sempre sognato di fare: intrattenere una conversazione proficua con una macchina!
La SEO in questo caso andrà a giocare sulle parole chiave impiegate e adeguate alle tendenze, al gergo, allo slang giovanile e ai neologismi mischiati a parole straniere ormai d’uso comune. Bisognerà anche stare più attenti al principio della coda lunga (più parole associate come keyword), associando parole che la macchina (perché sempre macchina rimane) riesca a riconoscere.
Infine, parte dei contenuti dovranno essere gestiti e indirizzati a specifici argomenti secondo uno schema di domande e risposte, proprio in vista della tendenza e dei temi delle ricerche vocali. 

Non ti scordar di Amazon

Come consumatori, raramente andiamo su Amazon solo per la ricerca di prodotti. Di solito siamo molto vicini al punto di acquisto…e Amazon questo lo sa! Infatti Amazon fa continuamente test di controllo delle conversioni. Pertanto, come eventuali venditori su Amazon, abbiamo anche noi bisogno di modifiche che aiuteranno a convertire.

Ciò include rendere i nostri prodotti più visibili dei nostri concorrenti e apportare modifiche che trasformino i semplici interessati in acquirenti, tenendo presente l’obiettivo dell’algoritmo di ricerca di Amazon.

Nella SERP, Amazon mostra i risultati della nostra ricerca, cioè il prodotto che tendenzialmente stavamo cercando, ma questa ricerca è vincolata a un algoritmo che Amazon stessa impone.

Ma Amazon.com è considerato un motore di ricerca?

Certo! Sebbene Amazon.com sia un mercato di e-commerce, può anche essere utilizzato come motore di ricerca. In molti casi gli acquirenti usano Amazon per confrontare i prezzi e trovare i prodotti; i venditori spesso usano Amazon per ricerche di mercato. Inoltre, con l’introduzione dell’intelligenza artificiale, i dati di Amazon.com vengono spesso utilizzati per rispondere alle ricerche vocali.

Questo dovrebbe far pensare anche alle ricerche organiche su altri motori di ricerca (a esempio Google): poiché Amazon compare spesso tra i primi risultati nelle ricerche, un buon posizionamento dei nostri prodotti nella piattaforma di Amazon potrebbe di conseguenza portare a un buon posizionamento su altri motori di ricerca.

Purtroppo Amazon non annuncia quando c’è un aggiornamento al loro algoritmo di ricerca. Per questo motivo, è impossibile stabilire con quale frequenza cambiano le classificazioni di ricerca su Amazon. Fortunatamente però l’algoritmo tende ad essere abbastanza stabile.

Comunque, per non farla troppo più lunga del dovuto, diciamo che le tendenze del 2019 nel fantastico mondo della ottimizzazione sui motori di ricerca (SEO), dovrà come sempre seguire una logica incrociata: tra l’utilizzo delle nuove tecnologie; i player sul mercato che in qualche modo impongono un cambiamento delle abitudini di ricerca, interesse e d’acquisto; i social media e lo sfruttamento delle interazioni tra utenti sui quali essi stessi si fondano; e ancor prima una figura tecnica capace di districarsi tra la matassa di dati puntando all’obiettivo sempre.

Matteo

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Che cos’è il protocollo HTTPS? https://www.marketingmix.ch/che-cose-il-protocollo-https/ Fri, 05 Oct 2018 13:52:15 +0000 https://www.marketingmix.ch/?p=2564 HTTPS (Hypertext Transfer Protocol Secure) è un protocollo per la comunicazione su Internet che protegge l’integrità e la riservatezza dei dati scambiati tra i computer e i siti. Gli utenti si aspettano che l’utilizzo di un sito web online avvenga in modo sicuro e privato. I dati inviati tramite HTTPS vengono protetti tramite il protocollo […]

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HTTPS (Hypertext Transfer Protocol Secure) è un protocollo per la comunicazione su Internet che protegge l’integrità e la riservatezza dei dati scambiati tra i computer e i siti.
Gli utenti si aspettano che l’utilizzo di un sito web online avvenga in modo sicuro e privato.
I dati inviati tramite HTTPS vengono protetti tramite il protocollo Transport Layer Security (TLS), che fornisce
tre livelli di protezione fondamentali:

  • CRITTOGRAFIA: I dati scambiati vengono criptati per proteggerli dalle intercettazioni. Ciò significa che,
    mentre l’utente consulta un sito web, nessuno può “ascoltare” le sue conversazioni, tenere traccia delle attività
    svolte in più pagine o carpire le sue informazioni.
  • INTEGRITÀ DEI DATI: I dati non possono essere modificati o danneggiati durante il trasferimento,
    intenzionalmente o meno, senza essere rilevati.
  • AUTENTICAZIONE: Dimostra che gli utenti comunicano con il sito web previsto.
    Protegge da attacchi man-in the-middle e infonde fiducia negli utenti, il che si traduce in altri vantaggi commerciali.

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IL GDPR COME SI VEDE DALLA SVIZZERA. COSA E’ CAMBIATO NEL WEB E NEL MARKETING CON LA NUOVA NORMATIVA SULLA PRIVACY? https://www.marketingmix.ch/gdpr/ Fri, 21 Sep 2018 12:33:36 +0000 https://www.marketingmix.ch/?p=2463 IL REGOLAMENTO GENERALE PROTEZIONE DATI (il così detto GDPR dall’inglese general data protection regulation https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32016R0679&from=IT entrato in vigore come direttiva nei paesi dell’Unione Europea dal maggio del 2018, ha sortito degli ampi effetti sulla comunicazione digitale e sulla sua regolamentazione oltre che nei paesi coinvolti, anche in quelli che vantano interessi economici e promozionali sul territorio UE. Certo permangono […]

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IL REGOLAMENTO GENERALE PROTEZIONE DATI (il così detto GDPR dall’inglese general data protection regulation https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32016R0679&from=IT entrato in vigore come direttiva nei paesi dell’Unione Europea dal maggio del 2018, ha sortito degli ampi effetti sulla comunicazione digitale e sulla sua regolamentazione oltre che nei paesi coinvolti, anche in quelli che vantano interessi economici e promozionali sul territorio UE.

Certo permangono dubbi e incertezze su come poter adeguarsi a tale normativa, ma da questo punto di vista basta conoscere alcuni dei punti principali della stessa per riuscire (o almeno provarci!) a illuminare l’arduo sentiero nell’oscura selva del burocratese.

Proviamo quindi a semplificare e riassumere i punti fondamentali che riguardano tale direttiva e cosa fare per adeguarsi:

 

1. CHI E’ L’INTERESSATO?

Il GDPR si rivolge a tutte le aziende che raccolgono a uso commerciale, statistico o di profilazione della clientela, dati personali di persone fisiche associati “a identificativi online prodotti dai dispositivi, … dalle applicazioni, dagli strumenti e dai protocolli utilizzati, o a identificativi di altro tipo…”. 

Insomma per farla breve e non tediarvi con tecnicismi, a tutte le aziende che raccolgono, utilizzano ed elaborano i dati personali, online e offline, di cittadini all’interno o anche al di fuori dall’Unione europea.

Dunque, se possedete un CRM, un database, un foglio Excel con gli indirizzi email dei clienti che utilizzate per inviare una newsletter, fate attenzione ai prossimi punti.

 

2. DI QUALI DATI STIAMO PARLANDO?

Dal 25 maggio, la definizione di dato personale, ma soprattutto sensibile, è ampliata.
La normativa include non più solo i classici dati come indirizzo di casa o numero di telefono, ma anche tutti quegli identificativi online quali: gli indirizzi IP (che rappresentano la targa del vostro computer nel momento in cui vi immettete nell’autostrada del web), i cookie (che sono file di testo inviati da un sito web al computer dell’utente e utilizzati anche per identificare, riconoscere e classificare l’utente e definire le pubblicità che vedrà), la geolocalizzazione (per sapere sempre dove siete!) e l’email (che…beh dai questa è facile).

 

3. COME FARE (O FA IL MIO WEB MASTER) A RACCOGLIERE I DAT ADESSO?

Dell’entrata in vigore del regolamento, per essere in regola con la raccolta dati online e offline, basta seguire alcuni passi.

Il Consenso: l’utente deve darvi il proprio consenso e la propria intenzione al trattamento dei suoi dati in modo libero. In una mail a esempio, l’opzione d’iscrizione singola alla vostra lista contatti (la così detta OPT-IN) rimane il modo più classico; l’utente acconsente, attraverso una vostra dichiarazione esplicita, a ricevere da voi delle comunicazioni. Semplice, no?
Ma occhio perché potrebbe esserci il trucchetto!
I limiti del OPT singolo è che errori di battitura nell’indirizzo email o l’iscrizione fatta da altri, vi creino in futuro dei fastidi. Allora il modo migliore sarebbe…anzi sarebbero: 

  • OPT-IN Notificato (Notified OPT-IN), in cui all’iscrizione consegue una mail di notifica in cui in caso è presente la possibilità alla disiscrizione. 
  • OPT-IN Doppio (Double OPT-IN), ovvero un doppio consenso dove l’utente conferma l’iscrizione al servizio prima tramite flag e successivamente con una mail di conferma (con un link di riferimento magari)

L’informativa e la richiesta: il messaggio sul trattamento dei dati personali dovrà essere trasparente, chiaro, di facile lettura e accessibile. Diciamo addio quindi a pagine nascoste dai menu o form di raccolta dati poco leggibili. Questo, oltre a svincolarci da ogni equivoco, aiuta in piccola parte i nostri potenziali clienti ad avvicinarsi di più al nostro mondo, a fidarsi e in un certo senso anche a profilarsi come leads, persone interessate. 

Dati Pertinenti: i dati raccolti dovranno necessariamente essere adeguati e limitati alle finalità per cui vengono richiesti e trattati. Non dovranno quindi essere utilizzati per altri scopi od opportunità.
Un modo per rimanere sempre tranquilli da quel punto di vista potrebbe essere un’opzione d’uscita (OPT-OUT) dal servizio in modo da non “disturbare” ulteriormente qualora non dovessimo essere più graditi. OPT-OUT nella comunicazione commerciale diretta, è il modo in cui il destinatario di una comunicazione ha la possibilità di rifiutare la ricezione d’ulteriori messaggi in futuro. 

 

4. TRATTARE BENE, CONSERVARE IN FRIGO, REGISTRARE CONSENSI: PER DATI SEMPRE PERFETTI! 

Certo, d’adesso in poi i dati possono essere raccolti e utilizzati solo per gli scopi specifici, ben dichiarati ed esplicitati nel consenso, e non più per “quel cavolo che ci passa per la testa…”.
Ricordate d’aggiungere o aggiornare il modulo di consenso, ogni volta che si implementano servizi o funzioni del sito web, dell’app o del programma che prevede l’utilizzo dei dati dei vostri utenti.

È sempre meglio mantenere un registro dei consensi (dai moduli di iscrizione alla newsletter, alle piattaforme sulle quali i dati vengono raccolti) come prova sufficiente da esibire durante un controllo.
Ma a esempio, nella Cookie Law non viene esplicitamente imposto la tenuta di un registro, nonostante sia comunque stabilita la necessità di dimostrare che i consensi siano stati ottenuti, anche se revocati. Adottare in questo caso una soluzione che utilizzi un meccanismo di blocco preventivo che installi ed esegui i codici solo dopo aver ottenuto il consenso, è già una prova dell’utilizzo corretto dei dati solo post-consenso.

 

5. E NOI CHE C’ENTRIAMO?

Le aziende hanno la completa responsabilità dei dati in loro possesso. 

Anche i fornitori a cui si rivolgono devono essere conformi alle regole della normativa GDPR. Quindi, prediligere partner che possano dimostrare una certificazione ePrivacy allineata o adeguati comunque alla normativa, di conseguenza è un buon modo per rimanere nei termini e avere misure che garantiscano la sicurezza dei dati raccolti.

Inoltre, è solo in caso d’esplicita autorizzazione che la conservazione dei dati può avvenire in server fuori dall’UE e questa normativa riguarda tutte le aziende che utilizzano sistemi informatici e non nella raccolta, conservazione e gestione dei dati sensibili di cittadini europei.

Dopo aver sbobinato a grandi linee i risvolti e gli effetti della nuova direttiva UE, c’è anche da sottolineare che la Confederazione sta facendo propri molti dei punti della normativa sulla privacy ed è probabile che molti di essi verranno a combaciare. 

Quindi come si dice solitamente riguardo al mal di denti: prevenire è meglio che curare.

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LE PROMESSE DEL MARKETING CHE NON VI FANNO VEDERE LA REALTA’ https://www.marketingmix.ch/promesse-marketing/ Sat, 07 Jul 2018 13:28:38 +0000 https://www.marketingmix.ch/?p=2186 METRICHE DI VANITA’ CONTRO METRICHE REALI Su un nostro normalissimo profilo di un qualsiasi social media, il nostro ego potrebbe tranquillamente gonfiarsi soltanto nel vedere quante persone interagiscono, ad esempio, con un nostro post. È la normale natura dell’uomo raccontare e raccontarsi storie per piacere agli altri e soprattutto a se stessi; un po’ come […]

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METRICHE DI VANITA’ CONTRO METRICHE REALI

Su un nostro normalissimo profilo di un qualsiasi social media, il nostro ego potrebbe tranquillamente gonfiarsi soltanto nel vedere quante persone interagiscono, ad esempio, con un nostro post.


È la normale natura dell’uomo raccontare e raccontarsi storie per piacere agli altri e soprattutto a se stessi; un po’ come quando un amico vi dice “sai, stamattina ho corso per quasi 10 km!” senza specificare i tempi della performance o se ci sono state tappe intermedie al bar o se hanno usato le sole gambe.
Allo stesso modo in cui si omettono delle informazioni per meglio apparire, molte aziende, sostenendo di essere “guidate dai dati”, omettono e sfortunatamente abbracciano solo la parte dei dati di questo mantra, dimenticando, se non in pochi, di concentrarsi sull’altra parola: guidate.

Nel marketing, se avete una parte di dati su cui non potete fisicamente agire, siete incappati in quella che viene definita una “metrica di vanità”.
Tutto ciò che fa questo tipo di misura, definita per calcolare una performance (ad esempio i soli km di corsa percorsi), è sicuramente accarezzare il vostro ego, ma al fine d’incrementare o modificare uno status (ad esempio il vostro stato fisico per restare alla metafora della corsa) non sarà di aiuto.

Dai dati dovreste volere che questi vi informino, guidino, migliorino il vostro modello di business per aiutarvi a decidere una linea di condotta.

Ogni volta che guardate una metrica, chiedetevi: “Che cosa farò di diverso per la mia azienda basandomi su queste informazioni?” Se non potete rispondere a questa domanda, probabilmente non dovreste preoccuparvi troppo della metrica. E se non sapete quali metriche cambieranno il comportamento della vostra organizzazione, non sarete guidati dai dati. Vi state semplicemente agitando in delle sabbie mobili di dati e non passerà molto tempo finché non comincerete a pronunciare frasi senza senso tipo “il 33 è più bello del 35, ma mai come il 71!”…questo lo può fare un matematico un po’ alticcio al massimo.

Considerate, ad esempio, il numero delle registrazioni a un sito (il così detto “total signup”).
Questo numero è quel che viene definito come una metrica di vanità: perché può ovviamente solo aumentare nel tempo. Non ci dice nulla su ciò che questi utenti stanno facendo o se sono preziosi per l’azienda.
Gli utenti potrebbero essersi registrati per una semplice informazione e poi svaniti per sempre.

È come se sommaste i km di corsa fatti ogni giorno; ovvio che a fine anno andreste da vostro amico dicendo “ho fatto quasi 200 km di corsa”… la vostra affermazione potrebbero passare tranquillamente il limite della castroneria

Calcolare gli utenti attivi invece (total active users) è un po’ meglio come metrica – presupponendo che abbiate svolto un lavoro decente nel definire un utente attivo – ma è ancora una metrica di vanità.
Aumenterà gradualmente col passare del tempo, a meno che non abbiate fatto qualcosa di terribilmente sbagliato.
La vera metrica d’interesse – quella praticabile – è invece la percentuale di utenti attivi.
Si tratta di una metrica fondamentale perché indica il livello di coinvolgimento degli utenti con il prodotto-servizio. Quando cambiate qualcosa sul prodotto, teoricamente questa metrica dovrebbe cambiare, e se la cambiate in un buon modo, dovrebbe addirittura aumentare. Ciò significa che potete sperimentare, imparare e interagire con essa.

Un’altra interessante metrica da considerare è il numero d’utenti acquisiti in un determinato periodo di tempo. Spesso, questa vi aiuterà a confrontare diversi approcci di marketing e diverse tattiche che convivano con la vostra strategia centrale: ad esempio, una campagna di Facebook nella prima settimana, rispetto a una campagna Reddit nella seconda, una campagna Google AdWords nella terza o una campagna Linkedin.
Segmentare gli esperimenti e le tattiche in base al tempo e in questo modo, non è preciso, ma è relativamente facile da attuare: se Facebook funziona meglio di LinkedIn, sapete dove spendere i soldi.
Le metriche attuabili non sono magiche. Non ti diranno cosa fare – nell’esempio precedente, potreste provare a cambiare il prezzo, o il supporto, o il testo.
Il punto qui è che fareste qualcosa in base ai dati raccolti.

È facile innamorarsi dei numeri che salgono, ma ci sono comunque otto metriche di vanità a cui prestare attenzione e che dovreste evitare.

SCOPRI QUALI SONO >

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LE 8 METRICHE DI VANITA’ https://www.marketingmix.ch/metriche-vanita/ Sun, 13 May 2018 12:36:47 +0000 https://www.marketingmix.ch/?p=2208 Di seguito trovate le 8 metriche di vanità menzionate qui >  Numero di hit (colpi) Questa è una metrica tipica dei primi giorni del Web. Se avete un sito con molti file scaricabili come ad esempio foto, grafiche, pulsanti da cliccare, ecc. questo sarà ovviamente un grande numero. In definitiva però, è come valutare una […]

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Di seguito trovate le 8 metriche di vanità menzionate qui >

 Numero di hit (colpi)
Questa è una metrica tipica dei primi giorni del Web. Se avete un sito con molti file scaricabili come ad esempio foto, grafiche, pulsanti da cliccare, ecc. questo sarà ovviamente un grande numero. In definitiva però, è come valutare una camicia da ogni singolo bottone: certo sono tanti, ma non vi dice se la camicia è bella!
Contare invece le persone è decisamente meglio.

Numero di visualizzazione della pagina
Questo è solo leggermente migliore delle hit, dal momento che conta il numero di volte che qualcuno visualizza una pagina. A meno che il modello di business non dipenda dalle visualizzazioni di pagina (ad esempio, visualizza l’inventario pubblicitario), dovreste invece sempre e comunque contare le persone.

Numero di visite
È una persona che visita cento volte il mio sito o cento persone che visitano una volta?
Le persone (le altre, non noi ovviamente!) tendono a pensare e ripensare e rimuginare su una scelta, e questo provoca una continua ed ossessiva visita del vostro sito senza mai realmente fare un acquisto o una telefonata… siamo in un network libero, per carità, ma forse sarebbe meglio far in modo che si decidano piuttosto che gloriarci di sguardi indifferenti.

Numero di visitatori unici
Tutto ciò mostra quante persone hanno visto la home page, certo, ma non dice nulla su quello che hanno fatto, sul motivo per cui sono rimasti in giro o se e perché se ne sono andati. È come invitare una persona a casa, rinchiuderci 10 minuti nello sgabuzzino al buio, dopo di che uscire e accompagnarla alla porta senza chiedere nulla: strano come atteggiamento, vero?

Numero di follower/ amici/ mi piace
Contare i seguaci e gli amici non è altro che un concorso di popolarità da reginetto/a della scuola, a meno che non si riesca a convincerli a fare qualcosa di utile per voi usando il vostro charme. Sapere quanti follower fanno qualcosa che voi gli avete chiesto di fare, quello si conta davvero qualcosa per la vostra azienda e per sapere se le azioni di marketing hanno veramente un riscontro reale.

Tempo sul sito / numero di pagine
Queste metriche sono delle misero sostitute al vero impegno o per l’effettiva attività di un’azienda a meno che l’azienda stessa non sia legata a questo tipo comportamento (ad esempio se siete un giornale o un blog). Se i clienti passano molto tempo sulle pagine di supporto o dei reclami invece, o sulle FAQ, non è un buon segno e alcuni dei messaggi promozionali che volete far passare probabilmente hanno bisogno di una sistemata.

Email raccolte
Una grande mailing list di persone (magari acquistata a peso d’oro) entusiaste o meno della vostra azienda o della vostra nuova startup è una bella cosa, ma finché non sapete quante di queste apriranno le vostre email (e riuscirete ad agire sul contenuto all’interno delle email stesse), questa metrica non è utile. Inviate piuttosto delle email di prova o fate un A/B testing, ad alcuni dei vostri iscritti registrati e vedrete se faranno quello che gli chiedete oppure non interagiscono affatto. Con l’email marketing oggi giorno è possibile farlo, quindi direi: “facciamolo!”

Numero di download
Anche se a volte influisce sul ranking degli app store, i download da soli
non portano a un valore reale.
Misurateli invece insieme alle attivazioni (cioè se diventano clienti o persone che si interesseranno ancora dei vostri prodotti), alle creazioni degli account o ad altro.

 

Per meglio concludere questa estetica e narcisistica carrellata di metriche, definire nel marketing una strategia basandosi principalmente solo su un dato, senza contestualizzarlo o meglio senza intrecciarlo ad altri, non ha molto senso di per se. O meglio, ogni dato che riuscirete a raccogliere ha in se un valore nascosto che vi potrà illuminare solo rapportato con il suo giusto oppositore…

Insomma, finalmente sarete in grado di fare, al vostro amico, quella domanda che fin dall’inizio in realtà vi premeva dentro: “Caspita! Hai corso per 10 km? Ma per andare dove?”.

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GAMBERETTI, AVANTI TUTTA! 5 DIFFERENZE TRA IL MARKETING DI IERI ED OGGI https://www.marketingmix.ch/differenze-marketing-ieri-oggi/ Fri, 23 Mar 2018 09:09:44 +0000 https://www.marketingmix.ch/?p=2150 Marketing classico, marketing web o web marketing, marketing digitale, marketing offline e online… insomma ci sono un sacco di diciture per definire, in modo sostanziale, quello che negli anni si è evoluto come marketing strategico, cioè tutti quelle azione che hanno (o dovrebbero avere), come unico scopo, una ed una cosa soltanto: portare clienti!! Si, perché […]

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Marketing classico, marketing web o web marketing, marketing digitale, marketing offline e online… insomma ci sono un sacco di diciture per definire, in modo sostanziale, quello che negli anni si è evoluto come marketing strategico, cioè tutti quelle azione che hanno (o dovrebbero avere), come unico scopo, una ed una cosa soltanto: portare clienti!!

Si, perché molto spesso, quando ci si affaccia a questo fantastico mondo (è davvero fantastico, giuro non sono ironico), si commette l’errore d’entrare troppo nei particolarismi, nei tecnicismi e nelle valutazioni dimenticandone il fine ultimo.

Ma non divaghiamo, qui sarebbe meglio restare fedeli al tema preposto e semplicemente definire le 5 linee che secondo noi hanno cambiato l’idea stessa del marketing negli ultimi anni, caratterizzandone l’evoluzione nonché la sopravvivenza (c’è qualcosa quasi di epico in quest’ultima frase).

1) SISTEMA CHIUSO VS. SISTEMA APERTO

Mentre il marketing classico veniva gestito in maniera strutturata, pianificato nelle campagne pubblicitarie e con operazioni ben definite, con il digitale si è assistito ad una pianificazione quasi “destrutturata”. Infatti, la pianificazione a medio-lungo periodo, con la velocità dei mezzi di comunicazione d’oggi, sarebbe quasi impensabile; soprattutto non considerare il ritorno di dati sarebbe una mancanza nelle normali attività di gestione della comunicazione aziendale, poiché potrebbe evidenziare degli errori e determinare scelte future sbagliate. Adesso le attività si svolgono in tempo reale, in modo interattivo e con frequenza maggiore.

2) SEGMENTI DI COMUNICAZIONE: SPECIFICA QUANTO GENERALE

Se precedentemente le attività di marketing erano rivolte a segmenti di clientela da cui estrapolare target specifici, oggi le azioni definite su una strategia di marketing sono rivolte ad un pubblico allargato, mondiale, universale, insomma immenso.

Sicuramente ci saranno dei privilegiati a cui riferirsi; avremo sempre dei target su cui far fuoco; ma soprattutto ci saranno dei clienti su cui privilegiare la nostra comunicazione, le cosi dette “personas”. Queste possono essere definite, all’interno dei target, secondo una specifica analisi dei dati di rientro delle precedenti azioni, in modo da poter rivalutare e migliorare la nostra comunicazione aziendale e promuovere quel valore aggiunto per il quale il nostro prodotto/servizio meglio risponde alle esigenze del cliente.

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3) CHE DIREZIONE PRENDERE? CONSUMATORI VS. UTENTI

C’era una volta il consumatore (c’è ancora, ma non ditelo a nessuno) che riceveva informazioni in modo principalmente passivo, mentre oggi c’è un tipo di consumatore che può interagire attivamente, informandosi, paragonando, decidendo orari e periodi di acquisto e via dicendo.

I prodotti ed i servizi erano certo supervisionati dai consumatori dopo l’acquisto, ma i feedback e le opinioni su questi seguivano l’iter del passaparola e per lo più tempi lunghi. Oggi con il digitale, ed in special modo con i socialmedia, il passaparola è diventato un mezzo di marketing tra i più potenti, entusiasmanti e pericolosi allo stesso tempo. Ci si rivolge non più ai consumatori come autorità nel mercato, ma ci si rapporta ad utenti attivi che abbisognano di soluzioni. Le autorità che supervisionano diventano vere e proprie piattaforme private, comunità (community) che hanno regole da rispettare. In questa differenziazione di prospettiva è importante riuscire a comunicare esattamente con persone a cui poter dare il nostro contributo come azienda, aiutandoli anche nella scelta, ma soprattutto costruendo una fiducia nel tempo che possa portare al primo acquisto e ad altri acquisti nel futuro.

4) LINGUAGGIO FORMALE OPPURE PARLARE INFORMATICO

Rimanere nella testa del consumatore, ancor prima dell’acquisto in se, è fondamentale.

Nel medioevo del marketing (scherzo ovviamente) il linguaggio si basava per la maggior parte su formalismi e consuetudini: le attività avevano un iter e una forma predefinita e la pubblicità rispettava canoni prescritti e modalità conformi.

Con l’avvento del marketing digitale, il linguaggio si è trasformato sia nei mezzi che nei metodi. Si basa maggiormente su una comunicazione più diretta, con modalità estemporanee, innovative, e in special modo virali. Ma attenzione, perché c’è il mezzo da considerare: se si vuole comunicare attraverso un motore di ricerca, non considerare che in realtà si sta parlando ad una macchina che filtra le nostre comunicazioni sarebbe un errore. E provarci a ragionare sarebbe un errore ancora maggiore, quasi come convincere un vampiro che le nostre ultime analisi del sangue non erano delle migliori.

In tal caso, la gestione dei contenuti e l’immediatezza del messaggio unite alla capacità di una scrittura formale, diventano due componenti fondamentali per la comunicazione aziendale…e poi beh, più rivoluzionari si è e più si rimane nella mente del consumatore.

5) CHI È COINVOLTO? DIVISIONE MARKETING VS. NON DIVISIONE

La mitica Divisione Marketing (per chi ce l’aveva) doveva essere un reparto ben strutturato, formato da personale di grandissima esperienza in strategia e analisi del mercato, ma pur sempre un reparto e quindi diviso. Utilizzare spesso agenzie di comunicazione esterne, al fine di avere idee innovative e seguire la creazione di campagne, gestione fiere/eventi, ecc. era una normale prassi anche solo per una visione dall’esterno.

Oggi invece, la Divisione Marketing moderna deve coinvolgere maggiormente tutte le persone in azienda, poiché sono le persone a fare l’azienda. Un responsabile può occuparsi della supervisione di una strategia condivisa e valutare il lavoro dei collaboratori a seconda dell’obiettivo a corto termine, ma le attività di marketing sono sempre maggiori e la costanza con la quale queste devono essere seguite, comportano l’utilizzo di risorse quasi dedicate.

La capacità oggi di creare condizioni per avvicinare clienti, conquistarne la fiducia e accompagnarli all’acquisto dei nostri prodotti/servizi, sta nella gestione di tutte le varie componenti che definiscono una strategia di marketing e le azioni ad essa legata, nella lettura del suo sviluppo nel tempo e nel ribaltare completamente schemi prestabiliti.

Insomma, come nella famosa favoletta del giovane gambero: camminare in avanti quando normalmente si va all’indietro, per difficile che sia, è questione d’allenamento; rompere gli schemi tradizionali, la prassi e gli stessi nuovi schemi che lo diventeranno, è invece una questione di tempo, di visione d’insieme, d’idee nuove e di pratica… alla fine il mare è grande e bisogna prima capire da che parte andare.

Matteo

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NEL MARKETING AZIENDALE, CHE IDEA HAI DEL TEMPO? https://www.marketingmix.ch/marketing-per-azienda/ Wed, 07 Feb 2018 10:42:44 +0000 https://www.marketingmix.ch/?p=1870 Dopo aver parlato di come valutare concretamente una strategia marketing (e farsi comprare un gelato senza fare bancarotta) misurando il customer acquisition cost (CAC), parliamo ora della seconda metrica da tenere in considezione per visualizzare e palpare concretamente l’andamento delle nostre azioni di marketing in azienda: la LTV (LifeTime Value), cioè il così detto Tempo […]

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Dopo aver parlato di come valutare concretamente una strategia marketing (e farsi comprare un gelato senza fare bancarotta) misurando il customer acquisition cost (CAC), parliamo ora della seconda metrica da tenere in considezione per visualizzare e palpare concretamente l’andamento delle nostre azioni di marketing in azienda: la LTV (LifeTime Value), cioè il così detto Tempo Vita Cliente.

Tranquilli niente d’illegale! È semplicemente il valore stimato nel tempo, o valutato, che ha un cliente usufruendo del o dei nostri prodotti-servizi, nonché l’utile netto che genera.

Mi spiego meglio, anzi semplifichiamo al massimo.

Mettiamo il caso d’avere a disposizione delle figurine dell’ultimo film di Star Wars (o Peppa Pig o del campionato di carling, insomma quello che volete) e, durante l’intervallo in classe, voler scambiare alcune di queste con merendine, cioccolato e caramelle (siamo di bocca buona!).
La domanda da farsi sarebbe: per quanto tempo riuscirò ad avere una merendina dalla stessa persona prima che questo finisca l’album di Star Wars  (e quindi non abbia più un bisogno)?

Ecco che entra in gioco in maniera prepontente il fattore tempo, soprattutto in una fase così detta di retention, cioè dove dobbiamo mantenere un cliente già acquisito.

All’interno delle fasi su cui strutturare una strategia di marketing, per mantenere un cliente bisogna lavorare in modo continuativo così da far balenare in testa al cliente il vostro prodotto al momento dell’acquisto o addirittura ricordargli d’avere bisogno del prodotto… una specie di supereroe sempre pronto a salvare i vostri clienti anche nel momento del non bisogno.

Importante è tener conto anche del vostro modello di business e della tipologia di prodotto/servizio che offrite per poter definire il tempo vita cliente.

Ma come definire o calcolare il LifeTime Value?

Beh, essendo il totale netto che ci si può aspettare da un cliente nel tempo, i valori da considerare saranno sicuramente:
. la durata del rapporto con il cliente (dato che si può calcolare in anni, mesi o giorni, basta fissare una unità di misura comune a tutti i dati)
. la spesa media del cliente e il guadagno in percentuale.

Un esempio con figurine e caramelle? Ok!

Immaginiamo che per ogni figurina ci diano in media 3 caramelle (questo valore dipenderà da quanto è importante per il cliente la figurina, ma di questo ne parleremo in un altro articolo) e che la durata degli acquisti sia di 10 giorni di scuola (1 acquisto ad intervallo) su un mese di 20 giorni (siamo alle elementari, il sabato non si va!). Facendo la differenza di quante caramelle guadagno da 1 pacchetto di figurine (con diciamo 10 figurine a pacchetto) rispetto a quante caramelle riuscirei a comprarmi con gli stessi soldi di un pacchetto di figurine, riesco ad ottenere il guadagno in percentuale.

Ora con questi dati posso calcolare approssimativamente il valore del tempo vita cliente, cioè quanto spende il cliente nel lasso di tempo.

In 1 mese (20 giorni) => 10 acquisti x 3 caramelle x guadagno del 30% = 10,5 caramelle

Con questo valore potrai meglio conoscere i tuoi clienti e fare investimenti in marketing e scelte aziendali basate su qualcosa di concreto; ad esempio si potrebbe meglio investire su una specifica segmentazione di clienti, andando a capire quali sono più profittevoli o migliorare il servizio al cliente.

Insomma, dobbiamo fare in modo che questo valore aumenti in rapporto al costo di acquisizione del cliente senza che questi ci abbandoni troppo presto (il cosi detto Churn Rate).

Il LifeTime Value è una misurazione strettamente legata al costo di acquisizione, poiché la forbice che si crea tra le due determina anche l’investimento in marketing che potreste permettervi per acquisire un cliente, valutando il guadagno nel tempo sul cliente stesso.

In linea generale però, se il valore del CAC fosse maggiore del valore LTV, ciò vuol dire che c’è un problema da correggere nel piano marketing o slle azioni intraprese (CAC > LVT = NO!).

Di contro, un valore del CAC minore o con uno scarto sostenibile rispetto al LTV, è l’obiettivo da perseguire nel piano marketing, definendo una strategia inizialmente basata su supposizioni e poi su dati sensibili (CAC < LVT = SI!).

Insomma, dovete riuscire a capire quanto poter investire per ogni cliente così da avere un’idea di spesa generale e capire se la spesa stessa ha un valore reale e concreto di guadagno nel tempo.

Matteo

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IL MARKETING STRATEGICO NON È CONCRETO? HAI 2 COSE DA CERCARE SOTTO IL TAPPETO! https://www.marketingmix.ch/marketing-strategico/ Fri, 26 Jan 2018 14:07:07 +0000 https://www.marketingmix.ch/?p=1862 Spesso spiegare a quali risultati può portare una strategia di marketing per un’azienda sembra impossibile. Alla fine, come in una tragedia shakespeariana, ci si ritrova con il bel teschietto di Yorick in mano a parlare per ore, in una lingua sconosciuta ai molti, provando a rispondere alla domanda  “Essere o non Essere?”. A parte il […]

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Spesso spiegare a quali risultati può portare una strategia di marketing per un’azienda sembra impossibile. Alla fine, come in una tragedia shakespeariana, ci si ritrova con il bel teschietto di Yorick in mano a parlare per ore, in una lingua sconosciuta ai molti, provando a rispondere alla domanda  “Essere o non Essere?”.

A parte il fatto che la domanda, seppur legittima, non comprendeva inizialmente il povero teschio (che sia poi lui il problema?), anche per noi marketer tenere sotto controllo il lavoro che stiamo facendo e come lo stiamo facendo, è un’operazione onerosa che necessita di qualcosa di concreto. Ecco perché, sia per valutare sia per definire strategie e azioni, si fa solitamente riferimento a delle metriche, delle boe a cui aggrapparsi nel grande mare dell’ignoto.
Perché non spiegarlo in modo concreto anche attraverso queste metriche? Cosa sono e quali sono queste metriche?

Beh bisogna partire da alcune, certo non tutte se non si vuole finire in un delirio matematico; bastano poche dita alle volte (non prendetemi alla lettera!) per tenere sotto controllo l’andamento di una singola azione o di un’operazione. Anzi, basta definirne e seguirne anche una o due che trascini poi tutte le altre

Per iniziare possiamo semplicemente definirne 2, quelle metriche che più o meno rimangono trasversali nello studio e nell’analisi dei dati e nella conseguente loro elaborazione:
.
CAC
.
LTV
Si lo so, gli acronimi sono il cammino funesto verso la desolazione, quegli interposti che fanno dondolare la testa come un palloncino attaccato ad una staccionata… ma un attimo e li spieghiamo uno per uno!

Per cominciare, in questo articolo ci occuperemo del primo: il CAC.

È un semplice nome che sta per Costo Acquisizione Cliente (Customer Acquisition Cost). Altro non è se non la spesa effettuata per procurarsi un cliente.

Ma attenzione all’interpretazione dei dati, perché questi ultimi vanno contestualizzati.

Non è soltanto la spesa in termini di denaro (certo anche quella) per avere un ritorno puramente in denaro (certo anche quello), ma anche i costi nascosti in base all’obiettivo. Ad esempio, il tempo ed il lavoro che sta alla base dell’acquisizione del cliente o un’informazione sul cliente, sia come pagante sia come interessato ad un futuro acquisto (lead).

Faccio un esempio su una situazione familiare a tutti ben nota:

immaginate di essere una bambina (azienda) che vorrebbe farsi comprare il gelato. Per raggiungere l’obiettivo, avrete bisogno di dar prova per lo meno di meritarvelo (valore offerto), giusto?
Ecco! Una strada semplice quanto onerosa potrebbe essere comprare un regalo alla mamma, con una spesa possibilmente non superiore al costo del gelato e che non superi la paghetta settimanale (budget). Eviterei gioielli o collane (quelle lasciamole ai papà per farsi perdonare), costano troppo e hanno un beneficio basso sull’investimento (a meno che l’obiettivo non sia una gelateria intera!). Punterei su qualcosa di più adatto alla vostra condizione: un bel disegno con matita e pastelli, ad esempio!
I benefici d’un disegno (strategico) a pastelli possono essere molteplici. La spesa consisterebbe in: un foglio di carta di pochi centesimi; matite e pastelli che vi hanno regalato magari a natale; una buona idea creativa per il soggetto (ad esempio “bambina con gelato” per lanciare anche un messaggio subliminale); e soprattutto un po’ di tempo per la realizzazione.

A questo punto, con il vostro bel disegno finito, dovrebbe essere più semplice attirare l’attenzione, ad esempio, di mamma o papà, o dei nonni, e riuscire a convinceli a comprarvi un buon gelato o, meglio ancora, che sia uno di loro a prendere l’iniziativa di comprarvi un gelato. L’impatto dell’operazione e i suoi costi sul ricavo saranno dunque profittevoli; ancora più impattanti saranno se riuscirete a ricavare oltre ad un gelato, ad esempio anche un giro all’area giochi del parco o un’ora in più di cartoni animati, con la stessa “spesa”.

Certo l’impatto del costo di acquisizione sulla redditività, alla fine, sarà il dato più interessante, ma per ora vi interessa sapere quanti disegni d’investimento avete fatto per ottenere un cliente. In poche parole:

spesa totale di vendita e marketing / numero di clienti ottenuti

… il tutto ovviamente in un lasso di tempo definito.

L’obiettivo, in ambito marketing, è ridurre il più possibile il valore del CAC (ridurre non azzerare! perché non esistono nel mondo clienti acquisiti gratis), andando a rendere il più profittevole possibile ogni azione intrapresa ed ogni budget investito su di essa e rendendo il cliente un cliente fidato.

Attenzione però a considerare sempre l’obiettivo dell’investimento.

Se state cercando di far semplicemente capire che vorreste un gelato, cioè state cercando di creare consapevolezza nei vostri clienti (la così detta “fase di awareness”), il budget/tempo impiegato sarà sicuramente maggiore, ma vi servirà per creare una relazione con futuri compratori. Lo stesso potrebbe essere durante una fase di activation (attivazione), cioè quando i clienti cominciano ad interagire con voi o la vostra piattaforma, rilasciando dati sensibili o richiedendo informazioni.

In questi casi la spesa sul marketing deve produrre non un acquisto, ma bensì un interessamento che dovrebbe portare nel tempo ad un acquisto, quindi il valore sarà basso.

Resta comunque il fatto che questa metrica, inserita in un spazio temporale, è una prima reale valutazione dell’efficienza della vostra strategia di marketing.

Ed è proprio qui che entra in ballo il fattore tempovai>

Matteo

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IL SANTA GLAUS ORIGINALE? LO ABBIAMO SOLO NOI! https://www.marketingmix.ch/santa-glaus/ Mon, 11 Dec 2017 10:44:17 +0000 https://www.marketingmix.ch/?p=1817 Vi è mai capitato di trovarvi di fronte ad un bambino che, con occhi lucidi un po’ disillusi, vi chiedesse “ma… Babbo Natale esiste?” E di non riuscire a divincolarvi dalla domanda senza lanciarvi dalla finestra (indiscriminatamente dal piano in cui siete) o peggio ancora dover dire “ma certo!!!” cominciando a sudare freddo mentre cercate […]

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Vi è mai capitato di trovarvi di fronte ad un bambino che, con occhi lucidi un po’ disillusi, vi chiedesse “ma… Babbo Natale esiste?” E di non riuscire a divincolarvi dalla domanda senza lanciarvi dalla finestra (indiscriminatamente dal piano in cui siete) o peggio ancora dover dire “ma certo!!!” cominciando a sudare freddo mentre cercate di rendere credibile quel sorrisetto fasullo e mal collaudato durante gli anni dell’adolescenza e non solo?

Beh dobbiamo darvi una buona notizia e allo stesso tempo una pessima notizia:

Babbo Natale esiste!

Certo la moda ormai esige più la versione anglofona di Santa Claus, ma ciò non cambia il risultato, esiste.
Vedete, è puramente una questione di forma, d’errore nell’interpretazione, d’aspettativa mancata e soprattutto di capacità d’adattamento. Credere o non credere in questo caso non ha più importanza (se non per l’indirizzo sulla letterina), noi siamo per il partito del “è vero ciò che vedo”… per questo ce lo siamo creato noi!
Basta con il solito Santa con l’abitino rosso Coca Cola, lo stivalaccio nero lucido, la barba bianca da mago Merlino, la pancia di chi si nutre solo di latte e biscotti, la slitta improbabile trainata da renne a basso consumo e quel motto poco incisivo che sempra si meravigli della sua stessa presenza: “oh oh oh”. Noi vogliamo un Santa dinamico, sbarbato e curato in viso, con il capello alla “è un peccato coprirlo”, le polacchine stringate, camicia e giacca che spezza sul pantalone, macchina sportiva con il pieno e soprattutto un claim di rottura tipo “nessuno ti regala niente a questo mondo!”… insomma, noi vogliamo un Santa Glaus! E ce lo siamo preso.
Così, alla prossima domanda scomoda del bambino di cui sopra, potrete tranquillamente rispondere

ma certo, ho anche il suo biglietto da visita”.

Ps. Ricordatevi, a Santa Glaus non c’è bisogno di mandare una letterina: lui si annota tutto sulla sua Moleskine e poi…ti manda una mail di reminder!

Matteo

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L’IMBUTO… QUESTO SCONOSCIUTO https://www.marketingmix.ch/limbuto-questo-sconosciuto/ Mon, 13 Nov 2017 13:23:46 +0000 https://www.marketingmix.ch/?p=1684 Signore e signori, per capire come convertire e far diventare clienti dei semplici passanti di li per caso, quale miglior metodo se non quello d’applicare un ottimo FUNNEL al vostro modello di business? Aspetta un attimo, ancora con gli inglesismi fuorvianti che riassumono troppo e chiariscono poco? Ok, scusateci! Ma dire “applicare un ottimo IMBUTO” […]

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Signore e signori, per capire come convertire e far diventare clienti dei semplici passanti di li per caso, quale miglior metodo se non quello d’applicare un ottimo FUNNEL al vostro modello di business? Aspetta un attimo, ancora con gli inglesismi fuorvianti che riassumono troppo e chiariscono poco?

Ok, scusateci! Ma dire “applicare un ottimo IMBUTO” suonava decisamente male!

Va bene, riprendiamo con una metafora: mettiamo il caso voi siate dei piccoli mastri vinai d’una cantina che fa 1 solo tipo di vino (rosso di Merlot ad esempio). Ora, disponete di una botte gigante, magari in rovere francese, con un bel rubinetto in legno (di quelli vintage) per travasare e riempire di belle bottiglie la vostra cantina (o per un assaggino fuori pasto!).
In questa prospettiva, diventa d’importanza fondamentale un imbuto (funnel!!) nel quale versare la giusta quantità di vino (cioè i vostri potenziali clienti) in arrivo dall’alto della botte (in pratica il vostro mercato). Tenendo presente che è la bottiglia piena il vostro guadagno (un po’come il cicchetto post-colazione…hic!), sarebbe un vero peccato che alcune di queste venissero riepite male o addirittura solo per metà, sprecando del buon vino in uno stillicidio “alcolico” di lavoro e di tempo. Ergo, dobbiamo lavorare su dimensione e forma dell’imbuto per far si che svolga il suo lavoro al meglio e, soprattutto, vi permetta di fare il vostro ancora meglio.

Questo modello ad imbuto è certamente molto utile nell’ambito delle vendite, nel generare traffico sul sito web e creare dei lead (utenti che hanno un interesse verso i vostri prodotti) e far si che, in un secondo momento, diventino clienti. Anche l’imbuto però è fatto di parti ben distinte: un’imboccatura larga, una pancia a cono che va stringendosi e una seconda imboccatura più stretta. Sono come diversi livelli per canalizzare verso la vostra bottiglia tutto il vino possibile; ognuna di queste parti corrisponde a contenuti e azioni che andranno a formare la vostra strategia di marketing, ma non è un percorso tanto semplice e ci vuole tempo e affinamento.

Un approccio sbagliato all’imbottigliamento
Diciamo che la cosa importante della parte alta dell’imbuto è la sua forma; un’imboccatura sformata o poco efficace risulterebbe difficile all’utilizzo, mettendo in difficoltà il mastro vinaio. D’altro canto una pancia  troppo piccola rischierebbe di far rimanere troppo tempo il vino a stagnare in superficie, rischiando di strabordare e andar perso insieme al vostro guadagno: ciò nel marketing vorrebbe dire non avere ritorno sull’investimento (ROI), sia in tempo che in denaro. È un po’ quello che succede con alcuni esperti di SEO e campagne Pay-per-click (tutte cose strane che si fanno sui siti web per trovare clienti) che si concentrano troppo sulla parte alta dell’imbuto: un esempio è quello di aumentare a dismisura le visite sul vostro sito con la speranza che aumentino il numero di persone che acquista…ma se metto troppo vino in un piccolo recipiente non è detto che entri tutto!

Il marketing strategico di una cantina ben fornita
Per riuscire a far lavorare al meglio il vostro funnel (imbuto!!!), l’approccio di versare all’interno più liquido non è detto che non funzioni.

Bisogna stare attenti, più che altro, a quanto di questo buon vino rietri poi nel vostro investimento e produca reddito (a bottiglia). Quindi, lavorare in sincronia sulle varie parti dell’imbuto, procedendo per gradi (che nel caso del marketing si traduce con fasi strategiche per ottimizzazione al massimo investimenti e tempo), permette di fare test sulla vostra comunicazione per renderla efficiente ed efficace allo stesso tempo. Come a dire che tenendo una linea guida, modificando e correggendo in corso d’opera alcuni aspetti di comunicazione e monitorando i risultati, si potrebbe addirittura arrivare al famoso detto di “avere la botte piena e la moglie ubriaca”… brilla dai!

Il marketing purtroppo non è una scienza esatta, ma sta diventando sempre più calcolabile. Fare azioni mirate senza fare dei test può essere rischioso; per avere risultato bisogna lavorare sulle sue variabili componenti e prendere decisioni basate su dati nel tempo.

Avere una cantina ben fornita nel tempo giusto, poco spreco e una clientela soddisfatta: questo è l’approccio che dovrebbe avere un vero mastro “marketing” vinaio!

Matteo

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